|
L’oggi di Renzi non sembra avere un domani di Saverio Collura Il nostro premier ha
concluso il suo intervento al convegno del W.E.F a Davos, dicendo “the future of Italy is today not tomorrow”. Mi sembra di
capire che volesse significare (prendo in prestito
una felice incitazione ai romani di papa Wojtyla) “damose na mossa”, perché è
oggi che si gioca il futuro del nostro paese. Se questo è il pensiero di
Renzi, credo che abbia ragione; e noi repubblicani non abbiamo nessuna
difficoltà a riconoscere che questa analisi che egli compie, trovi notevoli
assonanze con le posizioni assunte da sempre dal Pri. Proprio qualche giorno
addietro scrivevo sulla Voce Repubblicana che venivano
messe a disposizione dell'Italia due delle tre gambe necessarie per
incamminarsi verso la ripresa del paese: quella fiscale varata dalla
commissione dell’UE (maggiore flessibilità per i bilanci degli Stati), e
quella monetaria appena definita dalla BCE su impulso del presidente Draghi,
e finalizzata all'immissione sui mercati di una consistente massa monetaria,
per almeno 18 mesi e per 60 miliardi di euro al mese, per acquistare titoli
del debito sovrano e titoli finanziari emessi da privati; entrambi ovviamente
di pertinenza dei paesi dell'area euro. La terza gamba, le riforme di
struttura, restava nella autonoma responsabilità e determinazione del governo
nazionale. Senza iniziative e risposte adeguate e tempestive da parte
dell'esecutivo italiano, le due occasioni che ci vengono
consentite rappresenterebbero solo una parentesi,e sarebbero inutilmente
vanificate, come peraltro è capitato più volte in quest'ultimi venti anni.
Allora avremmo confermato ancora una volta agli occhi dei nostri partner
europei più critici l'incapacità della politica italiana a vincere la nostra
profonda crisi; mantenendo di conseguenza il paese nel soporifero, continuo e
drammatico declino nel quale si va spegnendo e consumando. Ma sembrerebbe che
da Davos il presidente del consiglio intendesse lanciare una sferzata alla
politica prima, ed ai concittadini conseguentemente affinché metabolizzassero
rapidamente la necessità di por mano ad interventi economici e legislativi
efficaci e solleciti. Ma a questo punto i repubblicani non possono fare a
meno di chiedere al Premier quali egli ritenga che
possono essere i provvedimenti efficaci oggi (parlando lui di today)
all'attenzione del governo, del Parlamento e della politica, che dovrebbero
essere portati a conclusione in tempi rapidi. Com'è noto la legge di
stabilità è stata approvata; ma nessuna istituzione e/o persona seria è
portata oggi a ritenere che questa possa rappresentare la chiave di volta per
incidere corposamente sulla crisi dell'Italia, anche integrata con le due
nuove opportunità definite dalla UE e dalla BCE. Analogamente il Jobs-Act, anch'esso già legge dello Stato, è uno
strumento che "facilita" l'occupazione a tempo pieno se si
concretizza sul mercato l'offerta di lavoro; ma risulta inerte se non si
creano le condizioni per la crescita e lo sviluppo. In sostanza esso è
efficace se a monte si realizzano le condizioni per dare corso alla nuova
occupazione; di per sé non produce la crescita, e quindi non da corso a nuova
occupazione. Restano allora i due controversi e contrastati provvedimenti
della legge elettorale (l'italicum), e della modifica del Senato della
Repubblica,oggi entrambi al centro dello scontro
(inaudito e violento) in atto all’interno dei singoli raggruppamenti
politici. Ma veramente il governo ritiene che il “today” rappresentato da
questi due inutili (e dannosi) provvedimenti possa consentire un'adeguata
cornice nella quale fare affluire e fare fruttificare la notevole massa di
moneta che viene immessa nel sistema finanziario dei
paesi dell'area euro? I repubblicani non credono proprio che ciò sia
sufficiente a far evolvere in modo più incisivo, strutturale e diffuso il
processo di risanamento e di sviluppo dell'Italia. In tal caso ci troveremmo
ancora una volta a non aver saputo cogliere le opportunità che ci vengono concesse. Ben altri e ben più incisivi sono i
provvedimenti già varati o in via di attuazione da altri governi anche nel
Sud Europa. Senza l'immediata presa di coscienza che per il paese sia indispensabile una forte, significativa ed organica
politica di riforme, in grado di incidere su tutte le condizioni che hanno
causato la pesante caduta di competitività, l'esplosione della spesa
corrente, la crescita del debito pubblico (oggi pari al 130% del Pil) sarà
tutto insufficiente (inutile ?). Certo è che se ci attardiamo ad osservare la
drammaticità dello scontro oggi in atto sia nel PD che in Forza Italia, il
dubbio che questa politica possa essere in grado di
fare il proprio dovere nei confronti del Paese diventa quasi una certezza.
Anche perché le prossime due settimane, con l'impegno incombente
dell'elezione del presidente della Repubblica, non potranno certamente
consentire una maggiore presa di coscienza e di assunzione di responsabilità
da parte degli stessi protagonisti, che oggi stanno mostrando tutta la loro
inadeguatezza. I principali partiti sembrano sempre più ripiegati su se
stessi,essenzialmente impegnati in violenti scontri
interni per il mantenimento, o per la conquista del potere; e non sembra che
nei loro pensieri ci sia posto per i drammatici problemi dell’Italia. La
maggioranza che oggi sostiene il governo non si comprende se ancora esista , e sia in grado di fornire l'adeguato sostegno
parlamentare alle iniziative governative; e soprattutto non è del tutto
chiaro se il Premier abbia ancora l'interesse reale a mantenerla in vita. Ma
deve essere chiaro a tutti che chi dilapida inutilmente le opportunità oggi
offerte all'Italia, dovrà poi rispondere al Paese del suo
insane operato; e la condanna sarà ineludibile e pesante. Ai
Repubblicani, con il loro prossimo congresso nazionale, compete la
responsabilità di indicare una strada, una proposta, ed un progetto valido,
efficace, alternativo da mettere al servizio dell'Italia. Dobbiamo porci questo obiettivo, e dimostrare di essere in grado di
assolvere a questo impegno. Il “today” di Renzi, infatti, sembra proprio
essere senza "tomorrow". Roma, 23 gennaio 2015 |
|